L'A. tratta delle sedi episcopali nella diocesi annonaria sotto Costantino, per poi passare a delineare la situazione dell'Italia annonaria nell'età di Ambrogio e nel V secolo, concentrandosi in seguito sul rapporto delle altre diocesi, in particolare quella di Ravenna, con la chiesa di Roma. La storia delle chiese dell'Italia annonaria, nel VI secolo particolarmente tormentata, è analizzata alla luce dell'editto promulgato da Giustiniano tra 543 e 545 (gli esatti enunciati dell'editto non sono pervenuti ma si fa riferimento all'
Edictum de recta fide del 551 e al concilio costantinopolitano del 553). L'A. rileva come punto di forza imperiale la sede di Ravenna. In occasione dell'invasione longobarda risulta evidente quanto fosse radicata la tradizione istituzionale romana: le gerarchie civili ed ecclesiastiche, ad esempio, di Aquileia e di Milano si rifugiarono in zone imperiali, trovandosi a essere fedeli da un lato all'imperatore, dall'altro ai Tre Capitoli da esso condannati. L'elezione ad Aquileia del patriarca Giovanni segna la rottura con l'impero, nel momento in cui, alla morte di Severo nel 606, le autorità romane non furono più disposte a tollerare dissonanze dottrinali nei territori imperiali. Parallelamente si sviluppò anche la vita della sede metropolitica milanese e della sua provincia ecclesiastica, che rimase anch'essa saldamente tricapitolina. Per quanto riguarda gli ordinamenti ecclesiastici e le tradizioni rituali nell'Italia annonaria, l'A. cita il
Libellus de exordiis et incrementis quarundam in observationibus ecclesiasticis rerum di Valafrido Strabone (841), a testimonianza di come lo specifico ordinamento della messa e delle altre celebrazioni, osservato ai tempi dell'autore solo nella chiesa di Milano, prima fosse esteso all'intera provincia metropolitica. Menziona inoltre l'irlandese «Antifonario di Bangor» (680-691) come fonte che attesta una struttura celebrativa delle Lodi mattutine analoga a quella documentata per l'officiatura domenicale nelle successive fonti milanesi. Tratta poi dell'ordinamento delle letture e, in merito alla liturgia eucaristica e alla sua struttura, fa riferimento al codice 908 della Stiftsbibliothek di San Gallo, soffermandosi poi sul «
Missale Bobiense», della metà del secolo VIII. In merito all'influenza della provincia ecclesiastica milanese e di quella aquileiana, l'A. fa riferimento agli studi di P. Carmassi e ad alcune fonti da lei prese in esame: Cividale, Museo Archeologico Nazionale, CXXXVIII («Codex Foroiuliensis»); Berlin, SB, Dep. Breslau 5; Trento, Museo Provinciale d'arte, 1589; München, BSB, Clm 6224; Verona, Bibl. Capitolare, VII e il «Codex sancti Marcellini» della cattedrale di Ancona. Inoltre durante la tarda età longobarda, anche l'area cassinese beneventana fu influenzata dalla tradizione rituale delle chiese dell'Italia annonaria. Per l'ambito milanese, agli inizi dell'VIII secolo, i
Versus de Mediolano civitate attestavano la generale funzione normativa che la sinodo metropolitica assumeva per i vescovi dell'intera provincia. L'A. sottolinea infine la fondamentale importanza della metropoli milanese nell'assemblea ecumenica del 680 a Costantinopoli, in occasione della quale l'intera area dell'antica Annonaria tornò alla piena comunione con Costantinopoli. Tra le fonti principali utilizzate dall'A. vi sono l'
Historia Langobardorum di Paolo Diacono e il
Registrum epistolarum di Gregorio Magno.
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