Ed. dell'
Expositio in vetus Testamentum di Isidoro di Siviglia, basata sui mss. Autun, BM, S 20 (19 A) (VIII sec., Burgundia); Köln, Erzbischöfliche Diözesan- und Dombibl., 98 (Darmst. 2098) (sec. VIII med., Tours); Karlsruhe, Badische Landesbibl., Aug. Perg. CLXXXII (sec. VIII, Sankt Gallen); München, BSB, lat. 6286 (sec. VIII-IX, Freising); lat. 14166 (sec. VIII, Regensburg). L'introduzione discute dapprima la storia delle edizioni a stampa, soffermandosi sull'identificazione del testo isidoriano come autentico e sulla scelta del titolo; si analizzano quindi i mss. più antichi, sufficienti per stabilire il testo critico e caratterizzati da una fattura di bassa qualità. Tra essi, il ms. Autun, BM, S 20 presenta interpolazioni che potrebbero risalire a Isidoro stesso, che l'ed. pone fra parentesi quadre nel testo critico: una copia dell'opera risalente al XIII sec. (Bologna, Albornoziana, 11) mostra che la tradizione considera questi inserti come d'autore. L'introduzione continua con la presentazione dei
codices antiquiores e carolingi dell'
Expositio in vetus Testamentum e il relativo
stemma codicum, preparato da M. Gorman negli anni Novanta: oltre ai mss. utilizzati per l'edizione, si ricordano anche quelli che non trasmettono il testo del Genesi: Autun, BM, S 29 (27); Oxford, Bodl. Libr., Lat. theol. d. 3 (S.C. 31383); Add. C 16 (S.C. 28717); Berlin, SB, fragm. 34; Milano, Ambrosiana, S 36 sup.; Würzburg, UB, M.p.th.q. 24; Bamberg, SB, Bibl. 25 (B.III.24); Karlsruhe, Badische Landesbibl., Aug. Perg. CCXLVII; Lyon, BM, 448 (377); Montpellier, BM, 4; München, BSB, lat. 14288; Paris, BNF, lat. 2822; lat. 15679; n.a. lat. 238; n.a. lat. 1629; Reims, BM, 116 (328); Sankt Gallen, Stiftsbibl., 239. Si presentano separatamente i mss. del commento al libro dei Re, che circolavano in modo indipendente fra VIII e IX secolo (München, BSB, lat. 6307; lat. 14457; lat. 6319; Darmstadt, Hess. Landesbibl., 789; Paris, BNF, lat. 11997; Vat. Pal. lat. 276) prima di affrontare il tema dell'influenza esercitata dal commento al Genesi nei secc. VII-IX (l'ed. ricorda i suoi lavori precedenti a riguardo e cita i mss. Milano, Ambrosiana, G 82 inf.; Montecassino, Bibl. dell'Abbazia, 30; Autun, BM, S 29 [27] + Paris, BNF, n.a. lat. 1628; München, BSB, lat. 6302 e lat. 6304). Ne emerge che il testo di Isidoro era una valida alternativa al
De Genesi ad litteram di Agostino (preferito invece dagli esegeti visigoti) e che fu usato fra gli altri da Rabano, Vigbodo, Teodulfo e dal cosiddetto commento al Pentateuco dello ps. Beda. Un altro capitolo dell'introduzione è dedicato al tema delle fonti, che Isidoro stesso elenca all'inizio dell'opera dichiarando di voler rendere fruibili ai suoi lettori gli esegeti antichi. L'occorrenza delle fonti, spesso citate a memoria, varia a seconda dei capitoli e viene rielaborata da Isidoro in modo personale, talora modificando volontariamente i testi originari, ma in generale limitando gli interveni personali, secondo l'intento antologico espresso all'inizio dell'opera. Ne risulta che il pubblico cui Isidoro si rivolgeva doveva essere composto da uomini di chiesa e da laici letterati. L'ed. è corredata da un apparato delle citazioni bibliche e da quello delle fonti, riportate anche in due indici separati a chiusura del volume. (Marianna Cerno)
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