Dopo una panoramica sulla tradizione manoscritta delle traduzioni latine delle
Epidemiae di Ippocrate e del relativo commento di Giovanni Alessandrino (VII sec. d.C.), l'A. discute l'attribuzione della versione latina del commento. Datata al XIII secolo da W. Bräutigam, fu ascritta, senza l'ausilio del dato filologico, da P. Kibre all'interprete dall'arabo Simone da Genova e dall'editore del testo, C. Pritchet, al traduttore dal greco Bartolomeo da Messina. L'A. dapprima conferma che si tratta di una versione dal greco, in base a evidenze testuali. In seguito, dedica la sua attenzione alla questione dell'originale greco, non noto ma riconducibile senza difficoltà all'Italia meridionale (luogo di confezione del testimone con il maggior numero di frammenti, il Vat. gr. 300). Viene poi trattata la tradizione del commento di Giovanni Alessandrino in latino: trasmesso da cinque codici insieme alla traduzione di
Epidemiae, in due di essi si trova con altre traduzioni ippocratiche di Bartolomeo. Lo studio dello stile del traduttore, non rigidamente letterale, è compatibile con quello degli interpreti di testi medici del Duecento; non vi è però evidenza che si tratti di Bartolomeo da Messina, poiché le scelte lessicali sono in alcuni casi diverse da quelle a lui riferite: ad esempio, l'A. riscontra un maggior uso della traslitterazione e la resa
respectu + genitivo per
pros + accusativo e la presenza di
lu per introdurre varianti dei lemmi ippocratici (nelle varianti
le/li/ly altrove in autori duecenteschi e nelle traduzioni di Guglielmo di Moerbeke). L'A. discute i contenuti del prologo che in alcuni manoscritti precede la traduzione di
Epidemiae e, sebbene non sia attestato con il commento, non è escluso sia opera dell'interprete di quest'ultimo; le editrici del testo greco, A. Roselli e D. Manetti, ritengono, infatti, che la versione latina del trattato ippocratico sembri derivare da una giustapposizione del testo ai lemmi presenti nel commento. Ne deriverebbe l'immagine di un traduttore professionista probabilmente di lingua greca, che discute le sue fonti e lavora su commissione di un sovrano evidentemente interessato alla cultura (forse Manfredi di Svevia). L'A. conclude con alcuni interventi testuali a correzione dell'edizione di Pritchet.
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