Saggio precedentemente pubblicato in
Atti del Congresso Internazionale su Medicina Medievale e Scuola Medica Salernitana Salerno 1994 pp. 44-57. L'A. rileva la duplice natura della fisiognomica, ovvero le due anime di una scienza «intesa come indagine di leggi naturali, che richiede pertanto una sistemazione dottrinaria, logica e epistemologica dei dati di osservazione, e quella della 'fisionomia' intesa come visione simbolica, intuizione dell'essenza, della cifra delle cose» (p. 37); tutto questo non perché a partire dal XIII sec., particolarmente con l'introduzione dei
Physiognomika pseudoaristotelici nella traduzione della seconda metà del XIII sec. di Bartolomeo da Messina, gli intellettuali nutrissero qualche dubbio sulla scientificità della fisiognomica, ma perché la fisiognomica è una scienza che indaga l'aspetto alla ricerca dei
mores degli individui: una scienza che sembra essere naturalmente correlata alla facoltà intuitiva e simbolica umana. L'inserzione della fisiognomica nell'ambito dell'insegnamento universitario non costituì un problema: nelle facoltà di arti e di medicina, oltre al testo pseudoaristotelico, era possibile studiare anche la
Phisionomia di Razi. Sotto il profilo dottrinario, da un lato, la fisiognomica era collegata alla teoria degli umori, delle complessioni e dei temperamenti, connessa alla dottrina dei sintomi corporei e dei
signa; dall'altro la fisiognomica era integrata alla ricerca naturalistica e alla scienza biologica, come dichiara Alberto Magno nel primo libro del
De animalibus: essa era, insieme all'anatomia, uno dei due modi di procedere nella ricerca biologica. L'A. ripercorre i sentieri della fisiognomica medievale e i suoi contatti con il sapere medico e naturalistico, anche prima del XII sec., quando non è possibile parlare di una tradizione fisiognomica vera e propria. Una delle prime comparse in Occidente della fisiognomica è un frammento della
Physiognomonia dell'Anonimo latino in uno dei codici di medicina presalernitani del IX sec.; il testo dell'Anonimo circolerà tuttavia solo nel XII sec. Il testimone più antico (Liège, BU, 77) è quello degli anni 1100-1123, fatto scrivere per Marbodo di Rennes. Il codice è testimone della nuova attenzione per ogni sorta di
signa. Il testo dell'Anonimo conoscerà una grande fortuna: non solo sarà alla base dei quesiti salernitani, ma anche Alberto Magno e Pietro d'Abano ne faranno largo uso. Fino al XII sec. era prevalente in campo medico un approccio che privilegiava la pratica (diagnosi, prognosi, terapia); la teoria degli umori spingeva verso la cosmologia. In seguito, gradualmente, e in seno alla Scuola salernitana, si giunse ad una elaborazione di una caratteriologia umorale, come quella del
De quattuor humoribus, sviluppata dal
Regimen sanitatis Salerni. La dottrina dei temperamenti umorali è presto collegata alla teoria galenica dei temperamenti, quale si coglie dal
Tegni o dal
De complexionibus: in queste opere spesso i segni esteriori sono studiati per risalire al temperamento. Tali elementi penetreranno successivamente in Ali Abbas e sono presenti nel primo libro della
Pantegni tradotta da Costantino, cui manca tuttavia la consapevolezza teorica ed epistemologica della necessità di stabilire una continuità tra segni e sintomi. Il
De complexionibus, disponibile nella traduzione di Burgundione da Pisa, avrà un'importanza decisiva. L'istituzione della correlazione fra dottrina degli umori, segni delle complessioni e segni fisiognomici, istituita con chiarezza nel secondo libro dell'
Ad Almansorem di Rasis, tradotto da Gerardo da Cremona alla fine del XII sec., è uno dei testi che sono all'origine della ripresa della tradizione fisiognomica in Occidente. Due autori importanti per lo sviluppo della fisiognomica sono Egidio di Corbeil (trattato in versi
De physonomiis) e le
Quaestiones Nicolai, di cui l'A. offre una breve analisi. La conclusione della sezione fisiognomica autorizza l'inserzione della disciplina non solo all'interno della tradizione medica e naturalistica, ma anche all'interno di quella psicologica e morale. Dalle
Quaestiones la tradizione fisiognomica è poi sfociata nel
Compendium medicinae di Gilberto Anglico e si salda strettamente alla traduzione del testo pseudoaristotelico
Physiognomika tradotto da Bartolomeo da Messina, con dedica a Manfredi. Il collegamento con gli astri, fu stabilito dal
Liber introductorius di Michele Scoto. La fisiognomica ebbe sempre più bisogno di ancorarsi ad una teoria forte, fornita dalla medicina o dagli astri, come sarà fortemente attuato nel testo di Pietro d'Abano (
Compilatio physionomiae) e da Michele Savonarola (
Speculum physionomiae). (Elisa Chiti)
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