Versione rivista e integrata del saggio già pubblicato in
Linguistica e filosofia. Omaggio a Benvenuto Terracini Milano 1968 pp. 11-38. La
Vita, che risale al secolo VIII ex., è conservata nel ms. Verona, Bibl. Capitolare, XC (85) del secolo IX-X. Il carme, in asclepiadei minori di dodici sillabe con cesura alla sesta e andamento sdrucciolo, offre all'A. l'opportunità di trattare alcuni problemi prosodici che investono tanto la produzione latina quanto quella in volgare: l'anisosillabismo, la struttura strofica, la lingua. L'anisosillabismo, fenomeno frequente in questo testo e in altri coevi, tra cui la
Verone rythmica descriptio (fine VIII sec.) e il carme
De Pippini regis victoria Avarica (796), è caratteristico di un certo tipo di poesia popolare e presente anche nei testi italiani e spagnoli delle origini; si noti che sembra sempre investire, in ambito mediolatino e volgare, solo una sillaba (in più o in meno). Un altro aspetto interessante della
Vita, che appartiene ai carmi abecedari, è che presenta dopo ogni strofa un ritornello in tre varianti, che si alternano senza un ordine apparente (casi analoghi sono gli inni escatologici
Apparebunt ante summum o
Ad te Deus gloriose), ma qui derivati dalla prima strofa, secondo la tecnica del «double refrain». Anche questa caratteristica torna in testi altomedievali come quelli del
corpus studiato da Strecker e da lui collocato a San Gallo in epoca precarolingia (altri studiosi li collocano o genericamente in Europa o tra Moissac e Ripoll), ma uno dei casi più antichi è il
Versus Sibillae de die iudicii di Agostino (il cui salmo antidonatista del 393 era sempre abecedario), che consta di 27 esametri dattilici ma a un certo punto della tradizione il primo verso è trasformato in ritornello che torna dopo ogni distico. Uno dei primi testimoni dei
Versus che presenta questa innovazione è il ms. Paris, BNF, lat. 1154 (da Limoges), dove il ritornello ha una melodia propria; si trova simile anche nei mss. Paris, BNF, lat. 2832, lat. 5304, lat. 1139 (Limoges), lat. 781 (Limoges). Il testo agostiniano ha avuto una grande fortuna nel medioevo, a volte tradito come inno, ma più spesso tramutato in
versus, cioè in carme responsoriale o inno processionale (ms. Paris, BNF, lat. 1240); la sua particolare struttura si ritrova raccomandata nelle
Consuetudines Cluniacenses di Ulrico di Zell. Un trattamento simile subiscono testi del IV-VI secolo come il
Pange lingua gloriosi di Venanzio Fortunato o il
Tempora, florigero rutilant, entrambi inni trasformati in
versus; per stabilire un confronto con un testo cronologicamente vicino alla
Vita è possibile ricorrere al
Gloria laus et honor tibi sit di Teodulfo. Alla fine di questo complesso
excursus l'A. sottolinea come la
Vita si ponga a metà strada tra i ritmi apocalittici a tre ritornelli e i
versus a ritornello semplice; altro dato interessante è il suo legame con la letteratura popolare e rustica, che lo apparenta al genere della laude e della ballata (entrambi carmi processionali). Gli elementi affini tra la
Vita e i carmi in volgare sono: 1)
prefatio cantata dal solista; 2) strofa a numero fisso di versi; 3) ritornello ripreso dalla
prefatio: alla struttura ternaria degli antichi
versus corrisponderebbe la struttura ternaria dei testi volgari con la ripresa, la strofa e il ritornello (anche la volta, in cui la rima finale riprende l'ultima rima del ritornello, si trova in numerosi
versus antichi). Il terzo punto dell'analisi investe l'aspetto linguistico (alcuni paralleli sono condotti sul
Sermo di Coronato): in ambito fonetico il fenomeno più vistoso è il consonantismo (caduta della dentale sorda finale, palatalizzazione; nel
Sermo le dentali non subiscono alterazione), sul piano morfologico si registrano vari fenomeni tra cui una certa semplificazione e alterazione dei casi (nel
Sermo la flessione è corretta). I numerosi volgarismi nell'uso dei verbi e del pronome relativo sono in linea con altri testi coevi mediolatini e col
Sermo, di tutti i fenomeni viene offerta ampia esemplificazione. Nelle osservazioni finali l'A. sostiene che, nella
Vita, le deroghe al latino sembrano calcolate per ottenere precisi effetti linguistici e stilistici e offre come paragone l'
Indovinello veronese, coevo alla
Vita, in cui le parole hanno ricevuto un processo di latinizzamento morfologico e grafico. Il trattamento subito dalla lingua nell'
Indovinello è molto diverso da quanto accade nella
Vita, il cui autore avrebbe attinto alla tradizione letteraria del
sermo rusticus di epoca merovingia il quale, al pari di altri registri intermedi, ha rapporti ambigui con la lingua parlata, ma sembra essere un precedente importante per le successive
scriptae romanze. Da qui deriva l'ipotesi dell'A., che riposa anche sul genere del componimento: la
Vita sarebbe basata sull'imitazione di canti popolari, cioè di quei componimenti definiti
vulgares (
sc. non compiutamente latini) e sanzionati in numerosi canoni conciliari dal IV all'VIII secolo. Esempi illustri non mancano: il salmo antidonatista di Agostino, ricalcato su canti popolari, avrà grande influenza nella letteratura galloromanza delle origini, così come i poemetti agiografici romanzi traggono ispirazione dagli inni religiosi mediolatini di stampo popolare. In appendice (pp. 524-7) si legge il testo edito dall'A. e già pubblicato in
Latino «circa romançum» e «rustica romana lingua». Testi del VII, VIII e IX secolo Padova 1960 pp. 11-8. (Elisabetta Bartoli)
Riduci