Testo critico, corredato da note di commento, dei volgarizzamenti in antico francese del
De excidio Troiae di Darete Frigio, del
Breviarium historiae Romanae di Eutropio e del
Secretum secretorum dello pseudo Aristotele, allestiti dal frate irlandese Goffredo di Waterford all'inizio del XIV secolo. Nell'introduzione (pp. 1-48), è proposto un inquadramento generale delle tre versioni e del loro autore. L'interesse è dapprima rivolto alle poche e incerte notizie biografiche sul traduttore, unicamente ricavabili da riferimenti interni ai tre testi. L'A. considera innanzitutto il problema dell'effettiva appartenenza di Goffredo all'ordine dei Predicatori, che non sembra suffragata da alcuna testimonianza documentaria, e si sofferma sulla sua origine, considerando l'ipotesi che provenisse da una famiglia di immigrati francesi. Inoltre, se l'opera pseudo aristotelica fu tradotta da Goffredo su invito di un
patronus non meglio identificato, più difficile è invece stabilire le motivazioni che lo avrebbero spinto a tradurre il
De excidio e il
Breviarium, e i numerosi riferimenti alle altre due versioni contenuti nel
Secretum farebbero pensare, pur trattandosi di indizi assai labili, che egli avesse in mente la realizzazione di una sola opera unitaria, incentrata su vicende storiche e leggendarie dell'Antichità. La tradizione è sostanzialmente costituita dal ms. Paris, BNF, fr. 1822, sec. XIII-XIV (= P), una miscellanea, che tramanda per intero le tre versioni, una di seguito all'altra:
La gerre de Troi (ff. 46ra-57ra),
Le regne des Romains (ff. 58ra-83vb) e
Le secré de secrés (ff. 84ra-143va). L'A. offre poi una dettagliata descrizione del codice e del suo contenuto (fra gli altri testi, si segnala almeno una versione francese del
Moralium dogma philosophorum di Guglielmo di Conches); esso è costituito da 249 fogli, organizzati per la maggior parte in senioni, e sarebbe stato vergato da un solo copista (a cui si attribuiscono anche le rubriche e le decorazioni nelle lettere iniziali), da identificare presumibilmente con un certo Servais Copale, che avrebbe collaborato - stante una menzione nell'epilogo del
Secretum - alla stesura del volgarizzamento, ma il suo effettivo contributo non è chiaro. Inoltre, una parte del
Secré de secrés è tramandata anche da un lacerto formato da due bifogli databili all'inizio del XIV secolo, recanti una versione «copied in an insular context after the production of the Paris manuscript» (p. 21), e attualmente impiegati come fogli di guardia nel ms. London, Society of Antiquaries, 101 (= L). L'A., dopo aver fornito uno studio dei principali fenomeni che connotano la veste grafico-fonetica, morfologica, sintattica e lessicale dei tre volgarizzamenti, passa in rassegna le edizioni precedenti e si sofferma sui criteri adottati nella costituzione del testo, fondati su un atteggiamento il più possibile conservativo nei confronti della
facies linguistica della tradizione, con sporadici interventi per correggere le sviste accidentali del copista. Inoltre, nelle parti del
Secré attestate e in P e in L, l'A. pubblica, a fronte, entrambe le redazioni, così da rendere subito visibili le differenze che sussistono fra i due testimoni. Conclude l'introduzione un'ampia bibliografia (pp. 39-48), a cui seguono le versioni antico-francesi delle tre opere, ciascuna corredata da un'essenziale introduzione e da note di commento, riguardanti per lo più differenze che sussistono con l'originale.
Si propone innanzitutto
La gerre de Troi (pp. 49-90), e benché Goffredo, nella sua attività versoria, tenda a seguire pedissequamente il dettato latino, la complessa tradizione dell'opera di Darete non permette di individuare con discreta sicurezza il ramo a cui ascrivere il testo del modello, anche se è plausibile ipotizzare una sua parentela con i mss. Leiden, BU, Voss. lat. 2° 113, sec. IX med. e Sankt Gallen, Stiftsbibl., 197, sec. X prima metà. Di seguito, è proposto
Le regne des Romains (pp. 91-184), e la traduzione questa volta non è impeccabile, perché Goffredo spesso fatica a rendere correttamente il testo di partenza e in alcuni casi non comprende bene l'esatta successione degli eventi narrati (talora confonde i personaggi, talaltra ne inventa di nuovi). Inoltre, non si può individuare in alcun modo il modello latino utilizzato da Goffredo, anche se va escluso che avesse potuto disporre di più copie del
Breviarium, e conviene piuttosto pensare all'impiego di una redazione altamente contaminata. Segue poi il
Secré de secrés (pp. 185-404), che non ha tanto l'aspetto di una traduzione, quanto di un riadattamento, con un'ampia serie di aggiunte, omissioni e interpolazioni, che lo distanziano, anche sensibilmente, dall'originale (il metodo di lavoro di Goffredo è accuratamente descritto alle pp. 189-90). Egli avrebbe dapprima tradotto una parte della versione latina del
Secretum redatta da Filippo di Tripoli (poco meno della metà) e poi vi avrebbe apportato, sempre in traduzione, una serie di aggiunte, ricavate da un ampio numero di opere latine, fra cui si segnalano Giovanni del Galles (
Breviloquium de sapientia sive philosophia sanctorum), Martino di Braga (
Formula vitae honestae), Iacopo da Varagine (
Legenda aurea), Boezio (
De consolatione Philosophiae), Prospero di Aquitania (
Sententiae ex operibus sancti Augustini), Pietro Ispano (
Liber de conservanda sanitate) e Isacco Giudeo (
De dietis universalibus et particularibus). Correda il volume un glossario ragionato dei vocaboli francesi impiegati da Goffredo (pp. 405-64), e un indice dei nomi (pp. 465-94). (Michele De Lazzer)
Riduci