L'A. traccia una storia della fortuna attraverso i secoli del cosiddetto Apuleio grammatico, autore del
De nota aspirationis e del
De diphthongis. Fino al Novecento i testi erano considerati di età umanistica e sono stati R. Sabbadini e P. Lehmann a dare loro la giusta collocazione nello spazio e nel tempo, ascrivendoli all'ambiente cassinese dell'XI-XIII secolo. Con la scoperta del ms. Reims, BM, 432 (ff. 82r-98v) si è potuto datare i due trattati tra la metà dell'XI e la metà del XII secolo e risalire più precisamente al luogo di redazione, ovvero Milano o l'area milanese. Nei due trattati sono presentate una serie di norme grammaticali (e.g. la
h postconsonantica) che vanno a risolvere dei
dubia lessicali. L'A. identifica Apuleio come un
magister e le due opere come facenti parte di un manuale più ampio e raccolto nel corso degli anni di insegnamento. Le
auctoritates citate da Apuleio sono Prisciano, Isidoro (
Etymologiae), Varrone (
De lingua Latina), Plinio, Girolamo e Massimiano. (Giovanni Pigatto)
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