Una nuova analisi e nuove considerazioni sono dedicate al già noto frammento dell'VIII libro del
De civitate Dei di Agostino, conservato sciolto presso l'Archivio della Fabbriceria di S. Petronio di Bologna (Cart. 716/1 n. 1). Alla maiuscola gotica inclinata concretizzata dalla
scriptio inferior si sovrappone una semionciale di discreta fattura, di indubbia patina arcaizzante che la colloca tra le testimonianze librarie più vetuste. Al fine di poter pervenire a una miglior collocazione cronologica e topica dell'importante frammento, si cerca di determinarne le tappe storiche ma il registro da cui è stato staccato, una vacchetta di conti del 1635 di proprietà della famiglia bolognese dei Foscarari, non offre dati per determinare origine/provenienza del lacerto stesso, dato che il registro fu probabilmente acquistato presso una bottega specializzata che utilizzava contestualmente alla confezione del manufatto pergamena di riuso di varia provenienza. Si rivolgono poi osservazioni alle caratteristiche della
scriptio superior per la cui datazione la sottostante scrittura gotica non implica meccanicamente che la riscrittura segua nell'immediato la fine del regno goto: infatti codici biblici e liturgici vergati nella lingua di Wulfila continuano a circolare anche nel primo periodo della dominazione longobarda. Il dettaglio induce a una datazione più tarda di quella originariamente ipotizzata, dunque a un centrale VII secolo. Più problematico ipotizzare il luogo in cui fu vergato il frammento del testo agostiniano. Tra i possibili centri per motivi storico-culturali e paleografici - Bobbio, Verona e Ravenna - il riscontro scrittorio con testimonianze di più fondata origine (e soprattutto il confronto con palinsesti gotici di attribuzione bobbiese quali Milano, Ambrosiana, S 45 sup. e G 82 sup.) porta a risultati negativi, da iterare anche per manufatti di produzione veronese e ravennate, benchè lo scenario da questi delineato appaia più interessante. Suggestivo invece il confronto con il codice Sigma della Vulgata dei Vangeli di San Gallo (Sankt Gallen, Stiftsbibl., 1395). Anche la collazione con i più antichi testimoni del testo agostiniano non porta a individuare dirette e immediate parentele seppur analogie siano riscontrabili con il frammento parigino CLA Addenda I 1856 (Paris, Bibl. de l'Institut Catholique, 55) e con l'ambrosiano CLA III 325 (Milano, Ambrosiana, C 238 inf. + E 26 inf.). Pare tuttavia plausibile ipotizzare un'officina grafica dell'Italia settentrionale provvista di ricca biblioteca, non identificabile comunque con Bobbio. Nel fornire l'edizione del frammento, la collazione si è basata sull'edizione Dombart-Kalb, richiamando i casi in cui il frammento si accorda in errore con altri esemplari quali A (München, BSB, Clm 3831, del sec. IX); K (Köln, Dombibl., 75, del sec. VIII-IX), F (München, BSB, Clm 6267); B (Bern, Burgerbibl.,12, del sec. XI) e (Paris, BNF, lat. 11638 del sec. X). Manca tuttavia nel frammento la divisione in
capitula e il dettaglio, tra i testimoni
antiquiores, lo accosta a V (Verona, Bibl. Capitolare, XXVIII [26]) e L (Lyon, BM, 607). Nella prima appendice si fornisce l'elenco dei manoscritti e dei frammenti
antiquiores (anteriori al sec. IX: Verona, Bibl. Capitolare, XXVIII [26]; Lyon, BM, 607 [523 bis]; Paris, BNF, lat. 12214 + Sankt-Peterburg, Rossijskaja Nacional'naja Bibl., Q.v.I.4; El Escorial, Real Bibl., s.I.16; Bruxelles, BR, 9641; Köln, Erzbischöfliche Diözesan- und Dombibl., 75; München, BSB, Clm 6267; Milano, Ambrosiana, C 238 inf.; Paris, Bibl. de l'Institut Catholique 55; Bologna, Archivio della Fabbriceria di San Petronio, Cart. 716/1 n. 1; Basel, UB, N.I.4 A + Freiburg i.Br., UB, 483/12; Orléans, BM, 154 [131]; Dillingen, Studienbibl., Fr. lat. 9; London, BL, Harley 4980); nella seconda appendice si offre un quadro sinottico delle caratteristiche paleografiche della scrittura superiore dei palinsesti in gotico.
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