L'introduzione è divisa in cinque parti. La prima riguarda la biografia di Aratore e la seconda la sua opera, che, per la parte conservata, consta di un poema in esametri, diviso in due libri, due epistole prefatorie, indirizzate rispettivamente a papa Vigilio e a Partenio, maggiordomo di Teodeberto, e una all'abate Floriano, tutte in distici elegiaci ed edite in questa sede. L'A. si sofferma sul titolo originale dell'opera principale: sulla base della testimonianza dei manoscritti più affidabili, risulta essere
Historia apostolica e non
De actibus apostolorum, scelta che denuncia la prevalenza dell'aspetto narrativo ed encomiastico (
historia) sull'intento esegetico. Esamina poi la storia del genere letterario a cui appartiene, l'epopea biblica, indagando i suoi rapporti con la produzione precedente e coeva. Prende poi in considerazione la tecnica metafrastica di Aratore, basata sulla selezione e la divisione del testo biblico in sequenze narrative: emerge l'intento di espungere gli elementi aneddotici e che consentono di ricondurre gli eventi a un determinato contesto spazio-temporale, al fine di esaltare il valore simbolico e universale dei fatti narrati. I modelli poetici cristiani a cui si ispira sono principalmente il
Carmen Paschale di Sedulio e la poesia agiografica, soprattutto la
Vita Martini di Paolino di Périgueux. Gli A. prendono in considerazione la resa dei personaggi in rapporto al testo di partenza e lo stile adottato da Aratore, molto complesso e magniloquente nelle sezioni narrative, più tecnico in quelle esegetiche e infine molto libero nei discorsi diretti, sensibilmente rielaborati rispetto alla fonte biblica. La terza sezione è dedicata alla tecnica esegetica adottata da Aratore, di tendenza allegorica: sono analizzati i modelli e le fonti (soprattutto i sermoni di Agostino, diverse opere di Ambrogio e le traduzioni origeniane di Rufino). L'A. esamina l'uso delle esegesi figurale, cristologica, ecclesiologica e morale, nonché lo spazio dedicato alla polemica antigiudaica e antieretica. La quarta parte dell'introduzione tratta della lingua e della metrica di Aratore: sono studiati il lessico, vario e impreziosito da grecismi, la sintassi, complessa e con alcune caratteristiche comuni alla poesia tardoantica, la prosodia e i fenomeni metrici. L'esame degli schemi dell'esametro, delle clausole, delle cesure e delle elisioni mette in luce l'allineamento dello stile di Aratore alle tendenze della poesia contemporanea: in particolare, emerge la vicinanza all'opera di Draconzio, soprattutto le
Laudes Dei. L'ultima parte riguarda la trasmissione del testo: un esemplare venne depositato presso la cancelleria pontificia dopo il 544, come attesta la
Relatio insieme alla quale l'opera è tramandata in diversi manoscritti. Probabilmente l'esemplare era accompagnato anche dalla lettera a Vigilio, mentre la lettera a Partenio accompagnava una copia inviata a Teodeberto. La lettera a Floriano risale a un momento in cui la stesura dell'opera era ancora in corso. Gli A. ritengono che la
capitulatio fosse già presente nell'esemplare ufficiale romano, su cui esemplano la loro edizione, mentre i
tituli farebbero parte del corredo paratestuale tardivo e perciò è edito in coda, insieme alle lettere a Floriano e Partenio, i sommari in prosa del contenuto, traditi in due diverse redazioni, e la
Relatio. Dei 103 manoscritti che tramandano l'opera, l'A. seleziona, sulla base di sondaggi preliminari, 26 datati tra VII e XI secolo. I più antichi sono: Oxford, Bodl. Libr., e Mus. 66; Karlsruhe, BL, Aug. Perg. 253; Milano, Ambrosiana, C 74 sup.; Paris, BNF, lat. 12284; lat. 9347; lat. 18554; lat. 2773 e lat. 16700; Orléans, BM, 295 e Leiden, BU, Voss. lat. F 12 (in origine un solo codice); Chartres, BM, 70 e Leiden, BU, Voss. lat. Q 15 (in origine un solo codice) e Voss. lat. Q 86. L'A. ripercorre la storia della trasmissione dell'opera, che si interseca con quella dei
tituli e delle
capitulationes. Le relazioni tra i codici sopra elencati sono rappresentate dallo
stemma riprodotto a p. CXLI. Segue la presentazione dei manoscritti datati tra IX e XI secolo: Einsiedeln, Stiftsbibl., 302; München, BSB, Clm 19451; Vat. Pal. lat. 1716; Paris, BNF, lat. 8318; lat. 18555; lat. 17905, lat. 8092; lat. 8095 e lat. 8096; Orléans, BM, 80; London, BL, Harley 3093; Harley 3072 e Add. 11034; Valenciennes, BM, 412; Cambridge, Trinity Coll., B.14.3. Lo
stemma complessivo dei 26 manoscritti considerati è riprodotto a p. CLXV. Dopo l'esame delle principali edizioni a stampa compare una tabella di luoghi varianti tra l'edizione e quelle di A.P. McKinlay
(Aratoris subdiaconi De actibus apostolorum Wien 1951) e di M. Orbán (
Aratoris subdiaconi Historia apostolica Turnhout 2006; cfr. MEL XXXI 436). L'edizione critica è preceduta da una nota al testo, una bibliografia selettiva e il
conspectus siglorum. Completano il volume un apparato di note (pp. 187-466), gli indici dei nomi e dei passi citati. (Marina Giani)
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