Editio princeps della passione di san Dionigi in versi di Ilduino e di altri testi a essa collegati. L'annuncio della scoperta della versione poetica dell
Passio Dionysii da parte dell'A. nel 1987 non è stato seguito dall'immediata pubblicazione del testo, la cui comprensione ha richiesto anni e studi più ampi del previsto, in quanto dipende ampiamente dalla passione di Dionigi in prosa, opera dello stesso Ilduino, la quale a sua volta dipende da un'altra serie di testi, editi nelle appendici, due dei quali (appendici 1 e 2) già apparsi come articoli in «Analecta Bollandiana
» 132 (2014) 241-85 (
The «Ancient 'Passio'» of St Dionysius [«BHL» 2171]; cfr. MEL XXXVII 5717) e 134 (2016) 20-65 (
The «Anonymous Passio sancti Dionysii» [BHL 2178]; cfr. MEL XXVIII 5753). L'introduzione si apre con un capitolo dedicato alla descrizione della biografia e con un elenco delle opere di Ilduino, di cui l'A. presenta la datazione e le fonti utilizzate per la stima. Queste sono: la traduzione del
corpus dionisiaco, la
Constitutio de partitione bonorum Sancti Dionysii, la lettera in risposta alla richiesta di Ludovico il Pio di scrivere una vita di Dionigi, la
Passio Dionysii in prosa e la
Passio Dionysii in versi, attribuita a Ilduino dall'A., una
Passio Cornelii et Cypriani che si trova nel ms. Rouen, BM, 1391 [U.39], inedita, di cui F. Dolbeau sta preparando l'edizione critica. Oltre a queste opere certamente di Ilduino è sospettata la sua partecipazione a opere collettive, quali il
Libellus synodalis del sinodo di Parigi dell'825 sul culto delle immagini, la stesura della parte relativa agli anni 819-829 degli
Annales regni Francorum. Il secondo capitolo riguarda la traduzione latina del
corpus Dionysiacum effettuata da Ilduino, che comprende i trattati
De caelesti hierarchia,
De ecclesiastica hierarchia,
De divinis nominibus,
De mystica theologia e le
Epistolae, che esprimono istanze filosofiche di ascendenza neoplatonica che la critica data agli anni intorno al 520, il cui autore appare familiare con la liturgia delle chiese siriane. L'A. propone una breve sintesi del contenuto dei trattati. Tra le prime attestazioni si annoverano le citazioni di Severo di Antiochia e le glosse di Giovanni di Scitopoli. Gregorio mostra una conoscenza, forse mediata, del
corpus nelle
Homiliae in Evangelia; alcuni brani sono citati negli atti del sinodo laterano del 649, probabilmente attraverso gli scoli di Massimo il Confessore. La conoscenza dell'intero
corpus in Occidente data dopo l'827, anno in cui venne portato in Occidente il codice donato dall'imperatore Michele II a Ludovico il Pio. Ilduino si servì di collaboratori (
interpretes), di cui non si conoscono esattamente i ruoli, per realizzarne la traduzione. L'opera è stata identificata da G. Théry nei mss. Bruxelles, BR, 903, Paris, BNF, lat. 15645 e Boulogne, BM, 27 (32). Egli è anche autore della prima edizione completa dell'opera (Paris, 1932-1937). La critica ha ritenuto la traduzione ilduiniana di difficile comprensione. L'A., nonostante inviti a tenere conto di alcuni fattori, quali la difficoltà del testo di partenza, la sua lacunosità e il cattivo stato del testo latino nei manoscritti che lo tramandano, giudica complessivamente corretto il giudizio. Nota inoltre la preferenza di Ilduino per i neologismi appartenenti alle seguenti classi di nomi: astratti femminili in -
tas, deverbali femminili in -
tio e maschili in -
us della IV, aggettivi denominali in -
alis, deverbali in -
bilis, verbi in -
izare, avverbi in -
iter e la sua tendenza a riprodurre i costrutti tipici del greco. La conoscenza del greco da parte di Ilduino può essere stata acquisita secondo l'A. attraverso la grammatica greca conservata nel codice Paris, BNF, lat. 528, ff. 134v-135r, realizzata a Saint-Denis intorno all'anno 800. Il terzo capitolo riguarda i testi agiografici su Dionigi precedenti la
Passio metrica di Ilduino, di cui l'A. fornisce un elenco, che comprende il riassunto di ciascuno e le ipotesi più accreditate su luogo e data di stesura. Le più antiche attestazioni su un vescovo martire Dionigi in Francia risalgono all'
Historia Francorum di Gregorio di Tours, martirizzato sotto Decio, e in un inno attribuibile a Venanzio Fortunato, in cui è detto inviato in Gallia da papa Clemente. Oltre a questi testi, l'A. individua tre precedenti della passione metrica di Ilduino: l'antica passio BHL 2171, scritta probabilmente in Aquitania intorno al 750. Questo testo passò a Parigi dove all'inizio del IX secolo servì come base del secondo testo, la
Passio s. Dionysii BHL 2178. In questo testo Dionigi vescovo di Parigi è identificato per la prima volta con l'Areopagita ed è menzionata la cefaloforia miracolosa. Presumibilmente, questo racconto è stato redatto a Saint-Denis tra il 778 e l'834 sotto l'abbaziato di Waldo, dato che il più antico testimone si trova alla Reichenau (Karlsruhe, Aug. Perg. 233) dove Waldo era stato abate per 20 anni. Il terzo testo è la
Passio di Ilduino, BHL 2175. Ilduino conosce entrambe le precedenti
passiones, che cita alla lettera e di cui preserva la struttura. La maggiore innovazione del suo testo, oltre ad amplificazioni del dettato e nuovi episodi, è l'identificazione di Dionigi con l'autore del
corpus Dionysiacum, di cui cita diversi titoli di capitoli e ampi brani. Delle tre passioni, quella di Ilduino ha maggior successo: è testimoniata da circa 190 mss. ed è entrata nella liturgia. L'A. ricorda poi un quarto testo agiografico, i
Miracula sancti Dionysii BHL 2202, scritto a Saint-Denis negli anni '30 del IX secolo, pubblicato da J. Mabillon (Paris 1672). Secondo L. Levillain
(Etudes sur l'abbaye de Saint-Denis à l'époque mérovingienne «Bibliothèque de l'Ecole des chartes» 82, 1921, pp. 5-116) quest'edizione non rispetterebbe la forma originale del testo, che può essere letta in un testimone
antiquior, gli
excerpta inclusi nel codice Reims, BM, 1395 [K 784]. I
Miracula sono divisi in due libri, di cui il secondo comprende interamente miracoli effettuati sotto l'abbaziato di Ilduino. Circa 40 anni dopo, un altro monaco di Saint-Denis redige un terzo libro di
Miracula (BHL 2203), che narra anche fatti avvenuti durante l'invasione vichinga di Parigi. Il quinto testo elencato dall'A. è l'
Inventio et translatio s. Dionysii tempore Dagoberti, BHL 2193, conservata in circa 30 mss., probabilmente nata come prefazione ai
Miracula, inedita e circolante in stretta relazione con i
Gesta Dagoberti, da cui non è distinta nella BHL. Il sesto testo è la
Passio di Anastasio Bibliotecario (BHL 2184), tradotta dal greco (BHG 554) nell'875-876 e dedicata a Carlo il Calvo. La sua fonte greca era una traduzione dell'antica
Passio BHL 2178. Il settimo testo è la
Translatio Ratisbonam et inventio s. Dionysii (BHL 2194), che contiene il fittizio racconto della traslazione e invenzione delle reliquie di Dionigi a Ratisbona ed è stata attribuita con buone ragioni a Otlone di Sankt-Emmeram, oggi conservato in due manoscritti bavaresi del XV secolo (München, BSB, Clm 1805 e Wolfebüttel, HAB, Novi 534.3) e diviso in tre parti:
translatio, inventio e discussione delle fonti dell'agiografia di Ilduino, sulla base di una lettera da quest'ultimo inviata a Ludovico il Pio. Non molto tempo dopo, a partire da questa
translatio è stata redatta da un altro monaco di Sankt-Emmeram una
translatio recentior. In risposta a questa agiografia, fu redatta la
Detectio corporum in monasterio S. Dionysii (BHL 2198): i monaci prepararono una cerimonia per la riapertura della tomba di Dionigi, descritta in dettaglio dal monaco Aimone nell'
Epistola ad Hugonem abbatem beati Dionysii. Il capitolo termina con cenni alla fortuna successiva dell'agiografia di Dionigi. I capitoli successivi contengono le introduzioni alle edizioni critiche del volume. Il quarto contiene una descrizione del contenuto di tre epistole, di cui una di Ludovico il Pio indirizzata a Ilduino e le altre due di quest'ultimo in risposta alla prima, relative all'agiografia di Dionigi. Nella prima (BHL 2172) databile all'834 il sovrano gli commissiona l'opera e gli ordina di utilizzare le fonti greche recentemente tradotte da lui stesso. Nella seconda (BHL 2173), databile all'834-835 Ilduino accetta formalmente l'incarico, elenca le proprie fonti e mette in ridicolo coloro che non credono nell'identificazione tra Dionigi e l'autore del
corpus, nella terza (BHL 2174), probabilmente contemporanea, sottolinea i concetti già espressi. Le lettere sono conservate in circa 20-30 mss., ma l'A. utilizza per l'edizione i seguenti codici: Paris, BNF, lat. 2873A; Berlin, SB, theol. lat. 8° 159; Paris, BNF, lat. 10846; lat. 10847, London, BL, Add. 22793; Oxford, Bodl. Libr., Laud misc. 549; München, BSB, Clm 14871; Clm 4608. L'A. descrive le relazioni tra i codici e i vari stadi della diffusione. Infine, enumera le edizioni precedenti. Il quinto capitolo introduce la versione in prosa della
Passio Dionysii, redatta tra 835 (data della lettera) e 840 (data della morte di Ludovico). L'A. elenca tutte le fonti che Ilduino enumera nell'epistola, tra cui si ricordano l'
Expositio Actuum apostolorum e la
Retractatio Actuum apostolorum di Beda, l'
Historia Francorum di Gregorio di Tours e alcune lettere di Gregorio Magno, un sacramentario gallicano perduto e i testi greci e latini già menzionati. Il testo della
Passio però per lo più si basa su tre fonti: la prima parte sull'
Epistola Aristarchi ad Onesiphorum, la seconda sul
corpus Dionysiacum e la terza sulle due
passiones precedenti e sul testo noto come
Conscriptio Visbii. Il primo è un testo perduto in greco, di cui si conservano frammenti di traduzione latina all'interno della
Laudatio sancti Dionysii (BHL 2187); la seconda parte del testo, largamente rielaborata a partire dalla sua traduzione del
corpus Dionysiacum è stata spesso omessa dai copisti per la sua difficoltà; le due
passiones precedenti forniscono la struttura del testo e sono spesso citate
ad verbum; la
Conscriptio Visbii (BHL 2183) è un breve testo in cui sono raccolte le ultime volontà del soldato Visbio, figlio di due personaggi che compaiono anche nei testi agiografici su Dionigi, nota in un piccolo numero di mss. e forse opera dello stesso Ilduino. Inoltre, Ilduino usa altre fonti, tra cui le
Etymologiae, la
Cosmographia di Etico Istro,
De pedum regulis di Aldelmo, i
Nomina regionum di Beda. Per selezionare i manoscritti più fedeli alla versione originale del testo, l'A. divide i circa 190 testimoni in 5 categorie, a seconda della tipologia a cui appartengono. 1) i libelli agiografici, 2) le vite di santi non ordinate secondo il calendario 3) i leggendari (vite di santi in ordine liturgico) 4) lezionari dell'ufficio 5) breviari. Lascia da parte questi ultimi due generi di mss. perché di scarso valore per la restituzione del testo originale. La selezione tra il resto dei codici è effettuata su base principalmente cronologica (è utilizzata la gran parte dei manoscritti datati entro il XII secolo): l'A. considera il testo di 14 manoscritti sulla base dei quali è ricostruito il testo critico: Paris, BNF, lat. 2873A, lat. 10846; lat. 10847; lat. 11751; lat. 13345; Berlin, SB, theol. lat. 8° 159; Cambridge, CCC, 9; Sankt Gallen, Stiftsbibl., 577; London, BL, Add. 22793; Milano, Ambrosiana, P 113 sup.; Saint-Omer, BM, 342 bis; München, BSB, Clm 14871; Clm 4608; El Escorial, Biblioteca de San Lorenzo, b.I.4. L'A. rende conto in seguito degli errori d'archetipo (dividendoli tra sicuri e supposti) e dei raggruppamenti di manoscritti sulla base della provenienza geografica e delle varianti in comune. Il capitolo si chiude con un elenco delle precedenti edizioni del testo e dei criteri seguiti dagli editori. Il sesto capitolo introduce il testo critico della passione di san Dionigi in versi. Sigeberto di Gembloux testimonia nella
Passio Thebaeorum e nel
Catalogus che Ilduino è autore di una passione di Dionigi
utroque stilo, dunque in versi e in prosa. Un manoscritto di quest'opera era a Gembloux, ma se ne perdono le tracce nel XVII secolo, dunque si credeva fosse perduta. L'A. nel 1987 si imbatte nel codice Oxford, Bodl. Libr., Bodl. 535, che contiene una passione di san Dionigi in versi in 4 libri che segue da vicino il dettato di quella ilduiniana, trasmessa anonima. L'A. riporta e confuta alcune osservazioni che apparentemente andrebbero contro l'attribuzione del testo a Ilduino. In seguito, elenca tutte le prove interne per l'attribuzione del testo a Ilduino riguardanti la sintassi e vocabolario (ad esempio la preferenza per i maschili in -
us della IV declinazione, l'utilizzo in almeno un caso di un sintagma derivato da una fonte di Ilduino e l'uso del verbo
percivilito,
hapax ilduiniano). Analizza la metrica del testo, constatando l'imitazione del verso virgiliano dell'
Eneide da un lato, dall'altro la bassa percentuale di elisioni e l'allungamento in arsi delle vocali brevi, dati che lo allontanano dal modello virgiliano. Inoltre, rileva la netta preferenza per la cesura pentemimere maschile. Analizza la lingua poetica Ilduiniana, elencandone i tratti tipici, tra cui l'uso di nomi composti, di astratti in -
amen nel quarto o quinto piede dell'esametro, i diminutivi, la tmesi, i pentasillabi in fine di verso. Dedica un intero paragrafo al fenomeno della rima leonina, nel cui uso Ilduino si dimostra in linea con i poeti a lui contemporanei. Un altro paragrafo è dedicato ai paralleli testuali, in cui l'A. dichiara che per individuare una fonte si debbano trovare tre o almeno due parole declinate allo stesso modo e nella stessa posizione metrica. Oltre all'
Eneide di Virgilio, l'A. nota che molti costrutti dipendono da varie opere di Ovidio. Tra i poeti cristiani e medievali a cui Ilduino mostra di essere debitore, si ricordano Boezio, Aldelmo (
De virginitate), Beda (
Vita Cuthberti e
Versus de die iudicii) e Alcuino. Ampio spazio è dedicato ai
loci paralleli con i contemporanei di Ilduino, per cui meno è chiara la direzione del debito: Valafrido (
De imagine Tetrici, a cui si pensa Ilduino si sia ispirato), Rabano (
De laudibus sanctae crucis) e l'anonima
Vita sancti Galli metrica. L'A. passa poi a descrivere il testimone unico in cui il carme è conservato e i criteri di edizione. Segue il testo critico delle
Epistolae e delle
Vitae in prosa e versi, con traduzione inglese, seguite dalle note di commento al testo e da alcune appendici. Nella prima l'A. pubblica il testo della
Passio antica (BHL 2171), dopo aver esposto le questioni concernenti la datazione e localizzazione del testo, soffermandosi in particolare sull'apparente citazione del testo nella recensione A della
Vita Genovefae, redatta nel VI secolo (l'A. propende per la natura di interpolazione tarda della citazione) e sull'attribuzione della
Passio a Venanzio, ripercorrendo il dibattito degli eruditi moderni e contemporanei in merito e rifiutandola del tutto. L'A. individua gli estremi cronologici della
Passio antica tra 725 e 775. Alcuni indizi interni consentono di ipotizzare che la
Passio non sia stata redatta da un autore parigino, ma piuttosto in Aquitania e forse in Alvernia, come sembra testimoniare l'uso da parte dell'autore della
Vita Austremonii e l'uso dell'aggettivo
cervicosa, utilizzato solo da Sidonio Apollinare. L'A. elenca i mss. della
Passio utilizzati per l'edizione (15 su circa 30): Paris, BNF, lat. 3793; lat. 11748; lat. 5296D; lat. 17002; lat. 5308; lat. 5301; lat. 5298; lat. 16836 e n.a. lat. 453; Sankt Gallen, Stiftsbibl., 230 e 563; Montpellier, Bibl. Univ, Bibl. de la Faculté de médecine, 55; München, BSB, Clm 4585; Sankt-Peterburg, Publichnaia Bibl., lat. F.v.1.12; Wien, ÖNB, 371; descrive le varianti e le parentele tra i manoscritti ed elenca le precedenti edizioni del testo. Segue l'edizione, corredata di note critiche e traduzione inglese. La seconda appendice comprende l'edizione critica della
Passio BHL 2178, la seconda fonte utilizzata da Ilduino. Per la datazione di questa
Passio il
terminus post quem del 778 è dato dalla citazione di Tolosa come parte del regno di Aquitania, e quello
ante quem dall'utilizzo della sua traduzione greca [BHG 554] da parte di Michele Sincello, che la inserisce nell'
Encomium sancti Dionysii [BHG 556] (833-834), data che coincide con quella del suo più antico testimone. Probabilmente è stata scritta a Parigi. L'A. esclude il coinvolgimento di Ilduino nella sua composizione perché Dionigi risulta essere stato ordinato vescovo da Clemente a Roma e non da san Paolo ad Atene, come nel suo racconto. Questo fatto è confermato da sondaggi stilistici e dall'autorappresentazione dell'autore, che risulta molto modesta, al contrario dell'abitudine di Ilduino di ribadire con orgoglio le proprie conoscenze. Con ogni probabilità, è stata redatta a Saint-Denis nel periodo precedente l'abbaziato di Ilduino, come pare provare uno dei testimoni più antichi, realizzato alla Reichenau, dove era stato abate per 20 anni Waldo, predecessore di Ilduino. Il testo è ricostruito sulla base di 9 testimoni su 30: Firenze, Laurenziana, Pl. 20.1; Pl. 30 sin. 5; Bruxelles, BR, 3129 [64]; Sankt Gallen, Stiftsbibl., 577; Karlsruhe, BLB, Aug perg. 233 e Aug. Perg. 37; Milano, Ambrosiana, B 55 inf.; Paris, BNF, lat. 11753; Biblioteca dei Bollandisti (Q) 6, perduto. Come nel caso dei testi precedenti, descrive le relazioni tra i codici collazionati senza disegnare uno stemma ed elenca le precedenti edizioni del testo. Segue il testo critico con traduzione e note. La terza appendice comprende un elenco di 194 codici della
Passio in prosa di Ilduino (BHL 2175), di cui si dà conto negli indici di questo volume di «Medioevo latino». La quarta appendice comprende l'edizione dell'
Epistola Aristarchi ad Onesiphorum, una delle fonti che Ilduino menziona nelle lettere. Del testo non è rimasta traccia né in greco né in latino, se non per un estratto inserito nel sermone agiografico
Laudatio sancti Dionysii (BHL 2187), che comprende alcuni estratti sulla topografia di Atene (che spesso non hanno corrispondenza con le evidenze archeologiche) e sulla conversione di Dionigi. Secondo l'A. è possibile che l'epistola sia stata in realtà confezionata a Saint-Denis nel IX secolo, forse sulla base di racconti di viaggiatori ad Atene. Il testo è ricostruito sulla base dei seguenti mss.: Firenze, Laurenziana, Plut. 20.1, Plut. 30 sin. 5; Sankt Gallen, Stiftsbibl., 577; Karlsruhe, BLB, Aug perg. 233; Milano, Ambrosiana, B 55 inf.; Bibl. dei Bollandisti, (Q) 6, perduto. L'A. procede descrivendo le relazioni tra i codici e fornendo il testo critico con note e traduzione. Nella quinta appendice si presenta l'
Epistola di Dionigi ad Apollofane, citata nella
Passio di Ilduino, che tratta dell'eclissi solare che avrebbe fatto convertire Apollofane, basata su una lettera inserita nel
corpus Dionysiacum e in particolare sugli scoli di Giovanni di Scitopoli. La lettera circola come XI del
corpus di epistole dello pseudo Dionigi e può essere stata scritta tra 540 e 840. L'ep. XI era probabilmente inserita anche nel
corpus del codice usato da Ilduino per la sua traduzione latina, oggi mutilo. Non si conserva alcun esemplare greco della lettera, che rimane solo in traduzioni latine, la più antica delle quali è quella di Ilduino. L'A. comunque tende a credere che non si tratti di falsificazione ilduiniana (avrebbe dovuto avere accesso agli scoli di Giovanni di Scitopoli), ma che questi stesse traducendo effettivamente da un testo greco. Altre due traduzioni latine sono opera di Jacques Lefèvre (1498) e di Pierre Halloix (1633). Nonostante diversi studiosi abbiano asserito che non paiono aver fatto ricorso direttamente al greco, ma solo revisionato il latino di Ilduino, l'A. ritiene invece che si tratti di traduzioni indipendenti. Un estratto della
Passio Dionysii dipendente da questa epistola è citato da Pascasio Radberto nell'
Expositio in Matthaeum. La sesta appendice riguarda il testo nominato da Ilduino
Conscriptio Visbii, che egli afferma essere stato recentemente portato alla luce ed è una delle sue fonti principali. Si tratta del supposto testamento redatto da Visbio all'epoca del suo battesimo effettuato da parte di Massus, vescovo di Parigi, in cui rinuncia ai beni terreni e all'eredità del padre. L'A. ha individuato quattro testimoni indipendenti della
Conscriptio: Angers, BM, 805; l'edizione di Jean Morin (1665), che afferma di averla trovata aggiunta a un breviario dell'età di Ilduino o anteriore; Paris, BNF, lat. 3851A; Sankt-Peterburg, Publichnaja Bibl., Q.v.I.37. Dopo aver disegnato lo stemma, presenta l'edizione del testo. Nella settima appendice l'A. pubblica due inni latini in onore di Dionigi, che Ilduino cita a sostegno dell'identità tra Dionigi vescovo di Parigi e Dionigi vescovo di Atene, attribuendoli l'uno a Eugenio da Toledo e l'altro a Venanzio Fortunato. La forma metrica di entrambi è il dimetro giambico quantitativo. Il primo inizia
Caeli cives adplaudite, molto diffuso, l'attribuzione a Eugenio è confermata dalle intitolazioni dei più antichi codici. La nuova edizione si basa sui seguenti mss. Paris, BNF, lat. 103, ff. 160v-161r; Bern, Burgerbibl., 455, f. 7r; Chartres, BM, 44 (34), f. 2r; Paris, BNF, lat. 2832, ff. 111r-v; lat. 11550, ff. 277r-v; lat. 11751, f. 30r-v; Paris, Bibl. Sainte-Geneviève, 1186, f. 216r-v; München, BSB, Clm 17030, ff. 365v-366r; Clm 14843, ff. 102r-v; Namur, Bibl. Communale, 15; Napoli, BN, IV.G.68 f. 207v. Il secondo inno inizia
Fortem fidelem militem, è tramandato da manoscritti liturgici posteriori a Ilduino e non compare nella raccolta poetica di Venanzio. I codici su cui si basa l'edizione sono i seguenti: Paris, BNF, lat. 103, f. 161r; lat. 11751, ff. 29v-30r; lat. 1327, f. 77v; Chartres, BM, 44 (34), f. 2r-v; Oxford, Bodl. Libr., Canon. liturg. 192 f. 463r. Le edizioni sono accompagnate da traduzione e commento. Nell'ottava appendice si tratta di un'altra fonte dichiarata da Ilduino nell'epistola: un sacramentario contenente la messa
more Gallico. I sacramentari di rito gallicano oggi conservati sono frammentari e contaminati, nessuno presenta in ogni caso una messa per Dionigi. Le parole di Ilduino potrebbero essere riferite a un sacramentario gelasiano dell'VIII secolo, ma nessuno di questi menziona ugualmente Dionigi. I primi sacramentari che lo menzionano sono i cosiddetti gregoriani. L'A. propone una lista di antichi sacramentari provenienti o derivanti da Saint-Denis che contengono uffici per il santo: Paris, BNF, lat. 2290; lat. 2291; lat. 12052; lat. 9436; Laon, BM, 118; Orléans, BM, 127. Non sembra possibile ipotizzare alcun coinvolgimento di Ilduino nella redazione di questi testi, e probabilmente non si tratta degli ordini della messa da questi citati. Nella nona appendice, l'A. tratta dell'ufficio notturno per san Dionigi, che Ludovico nomina nella sua lettera e chiede che gli venga inviato, insieme agli inni e alla visione di papa Stefano. Nella sua risposta, Ilduino non nomina alcun ufficio notturno in onore di Dionigi. L'identificazione dell'ufficio menzionato da Ludovico non è ancora chiara: esistono due uffici attestati almeno a partire dalla fine del IX secolo. Il primo, un ufficio secolare, trae le antifone dalla
Passio BHL 2171 ed è pubblicato dall'A. sulla base dei due codici antichi: Paris, BNF, lat. 17436 e Sankt Gallen, Stiftsbibl., 391; il secondo, un ufficio monastico, pur preservando la struttura del primo, modifica alcune parole e frasi sulla base della
Passio di Ilduino. L'edizione proposta dall'A. si basa sui codici Paris, BNF, lat. 10846; Laon, BM, 136; Paris, BNF, lat. 12584 e lat. 17296; Mont-Renaud, collezione privata; Wien, ÖNB, 612. Non può essere dimostrato che l'ufficio sia stato realizzato dallo stesso Ilduino. La decima appendice contiene una lista di testi agiografici greci in onore di Dionigi. Si ricordano BHG 554, la traduzione di BHL 2178, con l'aggiunta di alcuni dettagli; l'
Encomium di Michele Sincello (BHG 556) e il Sinassario di Costantinopoli, realizzato intorno al 1000, che usa tra le fonti la
Passio di Ilduino, di cui viene riprodotto il testo dell'edizione di Delehaye (Bruxelles 1902). L'ultima appendice riguarda la
Revelatio ostensa papae Stephano (BHL 2176), che Ludovico chiede a Ilduino di aggiungere alla
Passio nella sua lettera. Si tratta del racconto di una visione di Stefano II mentre soggiornava a Saint Denis nel 754, durante la cerimonia dell'unzione regale di Pipino e i suoi figli, e del ritorno a Roma di Stefano. Questo testo presenta alcuni paralleli con la
Clausula de unctione Pippini: l'A. tende a pensare che la
Clausula sia il testo anteriore. La
Revelatio è ritenuta opera di Ilduino, dato che nei manoscritti è sempre affiancata alla
Passio, ma l'A. dubita dell'autorialità ilduiniana, apparentemente negata da fatti stilistici. Il testo è ricostruito sulla base di nove manoscritti: Paris, BNF, lat. 2873A; lat. 10846; lat. 10847; lat. 11751; lat. 13345; London, BL, Add. 22793; Saint-Omer, BM, 342 bis; München, BSB, Clm 4608; Sankt-Peterburg, Publichnaja Bibl., Q. v. i. 37. Chiudono il volume l'indice dei manoscritti e dei nomi. (Marina Giani)
Riduci