Il volume contiene l'edizione critica del
corpus testuale che, allo stato attuale delle ricerche, è attribuibile a David di Dinant. Si tratta di quattro ampi frammenti manoscritti - Gent, Bibl. der Rijksuniversiteit, 5 (416) (G), Paris, BNF, lat. 15453 (P), Wien, ÖNB, 4753 (W) e Oxford, Bodl. Libr., Digby 67 (O) - che nel 1933 A. Birkenmajer (
Découverte de fragments manuscrits de David de Dinant «Revue néo-scolastique de philosophie» 35, 1933, pp. 220-9) identificava come parti dell'opera, i
Quaternuli, di David, oltre all'opera pseudogalenica
De iuvamento anhelitus . L'A. illustra (pp. 121-81) in modo dettagliato ed esaustivo la tradizione manoscritta dei quattro frammenti G, P, W ed O, tramandati da esemplari unici e non autografi, e del
De iuvamento anhelitus trasmesso da venti manoscritti (Bourges, BM, 299 [247]; Cesena. Malatestiana, D.XXV.2; S.V.4; S.XXVI.4; Erfurt Ampl. F. 280; London, Wellcome Institute, 286; Madrid, BN, 1978; Moulins, BM, 30; Paris, BNF, lat. 6865; lat. 7047; lat. 11860; lat. 15456; n.a. lat. 343; Paris, Acad. Méd., 51 t. I; Vat. Pal. lat. 1094; Vat. Pal. lat. 1097; Vat. Barb. lat. 179; Vat. lat. 2378; Subiaco, Abbazia, 59; Wroclaw, BU, IV.F.25) e da varie edizioni a stampa, fornendo un'accurata descrizione dei singoli manoscritti e delle caratteristiche delle varie edizioni a stampa. Raccogliendo i pochi dati biografici dell'autore, ricostruibili sulla base dei suoi testi e delle testimonianze coeve, l'A. tratteggia l'evanescente figura di David, il cui nome è legato ai due noti provvedimenti di censura che colpirono le sue dottrine contenute nei misteriosi
Quaternuli. Il primo provvedimento del 1210, emanato dal concilio di Sens, ordinò la distruzione delle sue opere, il secondo, del 1215, emanato dall'Università di Parigi, contribuì anche alle restrizioni dell'uso didattico dei
libri naturales di Aristotele. Tuttavia, i testi del
magister che osò identificare Dio e materia non sono andati del tutto perduti: protette dall'anonimato e dalla pseudoepigrafia, ampie sezioni della sua opera sono giunte sino a oggi. Inoltre, si trovano documenti dell'eco suscitata dalle tesi metafisiche di David presso i maestri teologi (pp. 4-24), in particolare nelle opere di Alberto Magno, e soprattutto a proposito della tesi che fece più scalpore, riguardante appunto l'identificazione di
hyle e
deus. L'A. dedica una cospicua parte dell'introduzione (pp. 60-120) all'esposizione delle principali tematiche filosofico-scientifiche sviluppate nei testi di David inerenti alla fisica e alla cosmologia, alla meteorologia, alla biologia, alla psicologia e alla metafisica. L'immagine di David che se ne ricava è quella di un filosofo dalla fisionomia intellettuale complessa, in cui la conoscenza delle opere di Aristotele, lette direttamente in greco, diventa uno strumento fondamentale dell'indagine non solo metafisica, ma anche naturalistica. L'analisi naturalistica si mostra coerente con la radicale impostazione monista e panteista della ricerca metafisica e rivela che la cultura filosofica di David, benché prevalentemente peripatetica, accoglie influssi di diversa origine, in modo particolare presocratica. Come sottolinea il titolo del volume, e come dimostra l'A., l'aspetto più originale del pensiero filosofico di David è il «confronto con il pensiero antico» di cui egli recupera e valorizza aspetti significativi della riflessione eleatica e pitagorica, ma anche della tradizione ippocratica e galenica. Davide di Dinant, isolato dal contesto dei dibattiti contemporanei, costruisce la sua visione del mondo attingendo ai testi originali della filosofia antica - aspetto questo che rivela una conoscenza senza precedenti, all'inizio del XIII secolo, delle opere di Aristotele e dei pensatori antichi - e confrontandosi con la sua eredità. L'opera di David si rivela quindi imprescindibile per la ricostruzione della ricezione del pensiero antico, non solo aristotelico, agli inizi del Duecento, quando una grande messe di testi antichi fa «ritorno» in Occidente e viene per la prima volta studiata e indagata dai pensatori medievali. (Irene Zavattero)
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