L'A. si propone di indagare le fonti storiche relative all'origine del patriarcato di Grado, sede arcivescovile concorrente rispetto ad Aquileia, fondato nel 698-699 in seguito a una controversia politico-dottrinale sorta nella cittadina lagunare - già sede estiva del patriarca - dove la comunità ecclesiastica aquileiese si era trasferita una cinquantina di anni prima per motivi di sicurezza a causa delle invasioni dei Longobardi. Tali fonti sono le cosiddette cronache veneziane, opere dalla datazione problematica a causa delle stratificazioni testuali: l'
Istoria Veneticorum del diacono Giovanni (fine X-inizio XI secolo), la
Chronica de singulis patriarchis (fine X-metà dell'XI secolo) e il
Chronicon Gradense (seconda metà dell'XI secolo). Di questi testi, il più antico pone ancora almeno due questioni pressoché insolute: la cronaca del diacono Giovanni, infatti, viene datata proprio a motivo dell'attribuzione autoriale; tuttavia, tale collocazione cronologica potrebbe essere ulteriormente anticipata se si accertasse l'identità fra l'autore e il diacono Giovanni che prestava servizio come delegato di Pietro IV Candidiano (959-976). Inoltre, la prima parte dell'
Istoria Veneticorum non è presente nel testimone manoscritto più antico (Vat. Urb. lat. 440) per la possibile caduta di alcuni fogli; essa si legge solo nei codici successivi, il primo dei quali databile al XIII secolo (Vat. lat. 5269), e coincide
ad litteram con il prologo della
Translatio sancti Marci (BHL 5283). Dal momento che non solo questa parte, ma l'intera cronaca, potrebbe essere stata soggetta a interpolazioni più tarde (come mostrano alcuni estratti interni al testo e il finale incompleto), si rivela indispensabile e preliminare allo studio l'esame della
Translatio sancti Marci, della quale l'A. offre una nuova edizione critica con discussione filologica e traduzione italiana. L'edizione precedente, dovuta a N. McCleary nel 1931, non teneva conto del codice più alto, Orléans, BM, 197, scoperto in anni successivi da B. de Gaiffier; la trascrizione critica di questo testimone è stata pubblicata da R. Dennig-Zettler, che nella sua tesi di dottorato del 1992 lo assumeva come
codex optimus. Oltre che sul codice di Orléans, del quale si rivaluta l'affidabilità di alcune lezioni, la presente edizione si basa su 13 testimoni, 5 dei quali di nuovo reperimento: Roma, Casanatense, 718 (B.I.3); Lucca, Bibl. Capitolare Feliniana, Passionario C; Roma, Archivio di S. Giovanni in Laterano, A 79 (alias B); Vallicelliana, tomo XVII; Vat. lat. 1196; Vat. lat. 7014; Bruxelles, BR, 5519-5526 (3170); Venezia, Marciana, lat. Z. 356 (1609); Paris, BNF, lat. 12606; Soria, Bibl. Publica, 31-H; Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, Bibl. Capitolare, XIV; Milano, Bibl. Braidense, Gerli 26. La definizione della cronologia della
Translatio sancti Marci da un lato e alcune incongruenze interne alla stessa agiografia dall'altro, portano l'A. a riconsiderare i brani che essa condivide con l'
Istoria Veneticorum di Giovanni Diacono e con l'
Historia Langobardorum di Paolo Diacono. Si postula così l'esistenza di una fonte comune che starebbe alla base di tutto il primo libro dell'
Istoria Veneticorum e alla quale avrebbe attinto in modo indipendente anche l'agiografo della
Translatio sancti Marci (una simile possibilità era stata cautamente ventilata da B. Rosada in alternativa all'idea di una redazione in due fasi per la
Translatio sancti Marci): i due testi sarebbero dunque pressoché coevi. L'ultima parte dello studio ritorna sulla questione d'apertura e mette in relazione i contenuti dell'
Istoria Veneticorum con quelli delle citate cronache posteriori per quanto riguarda la leggenda sull'origine di Grado. Il serrato confronto testuale permette di individuare due tematiche discriminanti: il racconto di traslazione di diverse reliquie di martiri locali legato alle vicissitudini dei patriarchi e la modificazione del resoconto riguardante il concilio di Grado del 579; dal trattamento riservato a queste informazioni l'A. deriva che il primo stadio di formazione del «mito di fondazione» gradese risalga ai primi decenni dell'XI secolo e che entro la metà dello stesso evolva nella definizione della città lagunare come
Nova Aquileia. (Marianna Cerno)
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