I due trattati attribuiti al grammatico Apuleio, il
De nota aspirationis (A) e il
De diphthongis (D), testimoniano l'interesse della trattatistica grammaticale medievale latina per l'ortografia. L'A. propone un inquadramento dell'epoca e del luogo di produzione delle due opere, di cui presenta una trascrizione semidiplomatica basata sul testo del ms. Reims, BM, 432 ff. 82r.23-98v.20 (pp. 76-95). L'identificazione dei trattati in questo codice, redatto in minuscula carolina tarda, probabilmente francese, e databile all'ultimo quarto o alla fine del XII secolo, ha consentito di anticipare di circa un secolo il
terminus ante quem suggerito da Lehmann e ha dimostrato che in quell'epoca i trattati erano presenti almeno nella Francia nord-orientale. Vengono in seguito esposti i contenuti ortografici apuleiani, che mostrano una chiara consapevolezza della distinzione fra livello fonetico e livello grafico e dell'importanza della scrittura come veicolo della trasmissione testuale, da sottoporre pertanto a un controllo normativo mediante l'
emendatio. Dopo un'indagine sui modelli adottati da Apuleio nell'organizzazione formale e nei criteri di ordinamento lessicale seguiti nei due testi, la monografia si sofferma sull'analisi delle tipologie di ricostruzione etimologica utilizzate dal grammatico: l'etimologia sincronologica, comparativo-interlinguistica non ricostruttiva, ontologica e l'etimologia come
expositio. In calce al volume si trovano due appendici: la prima descrive il Fortleben dei trattati fra Duecento e Quattrocento (pp. 327-81), la seconda la «Wiederentdeckung» ottocentesca (pp. 383-98). La tradizione manoscritta apuleiana, oltre al
textus antiquissimus di Reims, consta di ventisette codici, omogenei per cronologia e provenienza (datati per lo più alla seconda metà del XV secolo e copiati in Italia, principalmente in area settentrionale) a cui vanno aggiunti i fogli conclusivi del ms. Cambridge, Gonville and Caius Coll., 152 che riportano il solo
De nota aspirationis. In diciannove dei ventotto codici noti i due testi sono attribuiti ad Apuleio, mentre sono adespoti negli altri nove. Ventuno sono i codici che conservano entrambi i testi, mentre quattro hanno solo D e tre solo A. Riportano entrambi i testi i seguenti mss.: Baltimore, MD, Walters Art Gallery, 372; Bergamo, Bibl. Civica, MA 330; Budapest, Magyar Tudományos Akad. Könyvtára, Magyar Tud. 8° 19 (K 403); Firenze, Riccardiana, 1220; London, BL, Harley 2575; Milano, Ambrosiana, D 5 sup.; Modena, Bibl. Estense, lat. 56 (alfa.O.7.12); Napoli, BN, V C 19; New York, Pierpont Morgan Libr., M 413; Paris, Arsenal, 892; Parma, Bibl. Palatina, Parm. 196; Schlägl, Stiftsbibl., 208; Strasbourg, BU, 75; Vat. Urb. lat. 1180; Vat. lat. 1485; Vat. lat. 5106; Vat. lat. 5203; Venezia, Marciana, lat. XI 108 (4365); lat. XIV 108 (4622); Wolfenbüttel, HAB, 22.4 Aug. 4°; Gud. lat. 260 4°. Conservano il solo A: Vat. Ottob. lat. 2110; Vat. lat. 5245; Cambridge, Gonville and Caius Coll., 152. Conservano il solo D: Paris, BNF, lat. 7553; Torino, BU, G V 34; Vat. lat. 628; Vat. lat. 2728. In conclusione si trovano una ricca bibliografia e un indice dei nomi e delle opere. (Erica Fornasari)
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